DATA: 2015
MACCHINA: MC 4 D e MC 8 D
“Abbiamo utilizzato due perforatrici Comacchio delle sette del nostro parco macchine per soddisfare i difficili requisiti del progetto: una MC 4 D e una MC 8 D”.
L’acceleratore di particelle Large Hadron Collider (LHC) del CERN è il più grande strumento scientifico mai progettato e costruito dall’uomo a scopi di ricerca scientifica. Costruito dall’Organizzazione Europea per la Ricerca Nucleare (CERN) tra il 1998 e il 2008, l’acceleratore è contenuto all’interno di un tunnel circolare che si trova al confine franco-svizzero nei pressi di Ginevra, ad una profondità che varia da 50 a 175 metri, per una circonferenza di 27 km.
Dal 2010, grazie allo sforzo congiunto di una comunità globale di utenti composta da 7000 scienziati provenienti da oltre 60 Paesi, il Large Hardon Collider sta esplorando la nuova frontiera della fisica ad alta energia. Il coronamento di questi esperimenti è stato raggiunto nel luglio 2012 con la prima prova empirica dell’esistenza del bosone di Higgs, il fondamento del Modello Standard (Standard Model o SM) della fisica delle particelle. Ma mentre la fisica guarda oltre questo risultato, per innalzare il limite della conoscenza umana sul mondo e sull’origine dell’universo, nuovi studi sono in corso al CERN per un upgrade del LHC (noto come High Luminosity LHC) finalizzato ad incrementarne ulteriormente il potenziale di scoperta.
Uno degli aspetti cruciali del progetto è legato all’aumento della capacità della struttura dove viene fatto il collaudo dei magneti dell’acceleratore, nota come SM18 (edificio 2173). Oggi, il progetto HL-LHC richiede un potenziamento di questo laboratorio di prova, ragione per cui l'SM18 sarà oggetto di maggiori interventi nel corso dei prossimi anni, per essere in grado di testare prototipi di magneti più grandi e con una corrente maggiore (>20 kA). Il piano prevede modifiche alla struttura del laboratorio esistente e la costruzione di nuovi impianti nel periodo 2015-2020.
Nell’ambito del progetto, un nuovo banco prova verticale verrà costruito nel cluster D del settore SM 18 nel periodo 2015-2016. Un progetto che richiederà importanti interventi di ingegneria civile. La prima parte di questi interventi sono stati realizzati a fine marzo 2015 dalla società di ingegneria italiana Gruppo Dimensione e dal suo subappaltatore Terracon, sotto la supervisione dell’ingegnere incaricato del CERN Helena Botella.
“I lavori consistevano nell'esecuzione di micropali per una doppia berlinese di sostegno per le escavazioni verticali che verranno effettuate nelle strutture di collaudo del cluster D ospitate nell’edificio 2173, noto anche come SM 18” - spiega l’Ing. Marco Framarin, project manager di Terracon Srl.
Il lavoro è stato interamente eseguito all’interno dell’edificio e comprendeva l’esecuzione di micropali di diversi diametri:
La stratigrafia del terreno mostrava una strato superficiale composto di materiale di riempimento con ghiaia, ciottoli e roccia calcarea fino a 2 m di profondità, seguiti da uno strato sottostante formato da materiale argilloso con trovanti molto duri fino approssimativamente a 9.5m, e infine rocce sedimentarie di molassa fino a 11.5 m di profondità.
“Le rocce di molassa erano ben cementate, ciò ha causato un aumento del consumo dei materiali di perforazione,” afferma Framarin. Tuttavia, non era questa la maggiore sfida da affrontare. “La principale difficoltà posta dal progetto era relativa alle restrizioni ambientali molto rigide, che andavano ben oltre a quanto precedentemente sperimentato in qualsiasi altro cantiere: niente polvere, acqua, gas di scarico, polvere di cemento o qualsiasi altro elemento che un cantiere di micropali normalmente “emette e immette” nell’ambiente poteva contaminare lo spazio all’interno del laboratorio.”
L’intero cantiere era confinato all’interno di una unità di decontaminazione detta SAS (Safety Airlock System), l'accesso alla quale veniva controllato attraverso una “zona di decontaminazione”. Conseguentemente, tutte le attrezzature e i materiali (tubi, cemento, accessori e strumenti di perforazione) sono stati portati all’interno della SAS a motori spenti e completamente imballati (ad esclusione della perforatrice). Tutte le operazioni di trasporto all’interno del laboratorio sono state eseguite con i mezzi elettrici del CERN, per evitare qualsiasi problema all’interno dell’edificio.
”Si deve considerare che la struttura dell'SM 18 include alcune “camere bianche” dove lo staff lavora in un ambiente asettico come se fosse una sala operatoria,” afferma Framarin.
Inoltre, le operazioni di perforazione dovevano essere eseguite in uno spazio ristretto, una parte di queste in altezza ridotta (inferiore ai 240 cm), da qui la decisione di utilizzare una Comacchio MC 4 D nella versione “short mast”, caratterizzata da una lunghezza mast di 2127mm e una corsa di 943 mm.
“Abbiamo utilizzato due perforatrici Comacchio delle sette del nostro parco macchine per soddisfare i difficili requisiti del progetto: una MC 4 D e una MC 8 D”.
Entrambi i modelli di perforatrice si caratterizzano per la centrale di potenza separata e sono state appositamente progettate per operare in spazi ristretti, all’interno di edifici, seminterrati e piccoli tunnel. L’utilizzo di una centrale separata ha reso possibile l’evacuazione dei gas di scarico dei motori che alimentano le perforatrici. I gas di scarico venivano convogliati all’esterno, attraverso il laboratorio, per mezzo di una tubazione fissa e di un aspiratore.
“Le centraline separate sono state essenziali per soddisfare le esigenze del progetto, in quanto senza posizionare i motori in un punto fisso non sarebbe stato possibile evacuare i gas di scarico senza perdere molto tempo nelle fasi di piazzamento e posizionamento delle sonde.”
Durante l’esecuzione dei primi lavori si è subito riscontrato che l’ambiente di lavoro diventava molto difficile a causa delle alte temperature all’interno della SAS (oltre i 40°) e del surriscaldamento dei motori diesel, dovuto alla presenza di due centrali idrauliche che lavoravano simultaneamente tutto il giorno. Per questo motivo è stato deciso che le due macchine dovessero lavorare in turni separati, dalle 6.00 alle 15.00 e dalle 16.00 alla 01.00. Inoltre, è stata aggiunta una ventola di immissione di aria fresca all’interno della SAS. Il progetto originale della SAS includeva un solo prelievo forzato di aria per assicurare che il cantiere rimanesse in depressione. Aggiungendo anche l’immissione si è dovuto verificare e misurare che l’area fosse sempre in depressione, assicurando così che nessuna polvere potesse essere spinta all’esterno dalla SAS.
“La scelta del metodo di perforazione offriva una sola opzione,” aggiunge Framarin, “Per evitare vibrazioni, era permessa soltanto la perforazione a rotazione, anche se la metodologia più adatta per la tipologia del suolo sarebbe stata la roto-percussione. Il suo utilizzo, però, ci è stato categoricamente proibito, sia a causa delle vibrazioni, sia della polvere prodotta, oltre che a causa del rumore”.
La perforazione è stata eseguita sia ad acqua, utilizzando tricono e trilama, sia con eliche con inserti a picchi da roccia. La tecnica ad elica si è dimostra essere quella più efficace, non solo per le produzioni più elevate, ma anche perché assicurava una più semplice gestione dello spurgo. Il terreno scavato veniva infatti depositato all’interno di benne e trasportato all’esterno quando i cassoni erano pieni. Nel caso della perforazione ad acqua, invece, sono stati utilizzati due vasconi di raccolta e decantazione dei fluidi, così come una stazione di pompaggio per evacuare i fanghi all’esterno, dove venivano filtrati ulteriormente.
“Individuare le tecniche di perforazione e gli strumenti più efficaci non è stato facile”, spiega Framarin, “Siamo riusciti a trovare la giusta soluzione per i micropali da 220 mm grazie ad una punta fabbricata da uno dei nostri fornitori storici di attrezzature. Ma per le perforazioni da 150 mm abbiamo dovuto adattare un trilama tipo chevron con dei picchi inseriti in maniera idonea a far avanzare velocemente la perforazione negli strati più duri (molassa), ma soprattutto perché la ghiaia iniziale con il diametro più piccolo si estraeva con difficoltà, date le sue dimensioni.”
La combinazione dei metodi di perforazione utilizzati ha permesso di raggiungere picchi di produttività di 69 m in un turno con la MC 8 D. In totale tra fine marzo e fine aprile 2015 sono stati eseguiti 1272 m di perforazione, inclusi 598 m con 150 mm di diametro e 674 m con 220 mm di diametro (144 m dei quali in condizioni di altezza estremamente ridotta).
Per evitare la polvere di cemento, un'unità di decontaminazione SAS è stata specificatamente dedicata all’impianto di miscelazione del cemento, con il personale del CERN che assisteva a tutti gli approvvigionamenti e i trasporti del materiale e delle benne piene del terreno di risulta mediante i loro sistemi di sollevamento (carri ponte, muletti, gru) e con i loro carrelli elettrici.
Il lavoro è stato completato da Gruppo Dimensione e Terracon Srl con successo nei tempi previsti, ottenendo una valutazione positiva da parte del team di ingegneri del CERN incaricati della gestione del progetto.